L'Italia, sede di alcune tra le più antiche civiltà, è una delle zone più sismiche del Mediterraneo.
Questi fatti, uniti all'impatto da sempre prodotto dal terremoto sulla
fantasia popolare, hanno portato alla registrazione di notizie attendibili
anche di eventi sismici molto antichi.
Infatti, già dai primi secoli dopo Cristo, nei maggiori
centri di cultura, sono state redatte cronache degli avvenimenti più
rilevanti, sia descrivendoli direttamente, sia riportando notizie raccolte.
Tuttavia solo a partire dal XIX secolo gli studiosi di sismologia hanno cominciato a estrarre da queste cronache le informazioni riguardanti i terremoti nel tentativo di "scrivere" una storia sismica italiana. Uno dei primi problemi da affrontare è stato quello di classificare gli eventi.
Per far questo, non avendo strurnenti di misura, era possibile basarsi soltanto sulla valutazione degli effetti prodotti dai terremoti e di conseguenza sono state introdotte le scale macrosismiche, atte a sintetizzare la severità degli effetti di un terremoto zona per zona tramite un valore numerico: l'intensità macrosismica. Ulteriori e interessanti informazioni sulle scale (Mercalli MCS, Richter e altre), la loro comparazione e tabelle di intensità, sono contenute in una pagina apposita. Nel caso poi di eventi rilevanti, disponendo di una notevole mole di notizie e descrizioni dei danni in diverse località, si sono potuto tracciare delle mappe macrosismiche che rappresentano l'andamento della propagazione degli effetti in superficie. Sulle mappe si riportano le diverse valutazioni di intensità distinte per località e si e uniscono poi le aree a diverso danneggiamento racchiudendo con delle isolinee (dette isosisme) le zone ad uguale valore d'intensità (Fig.1). Il tracciamento di isosisme è stato ed è il mezzo più usato per rendere di immediata percezione la distribuzione territoriale del danneggiamento. Dalla raccolta e classificazione sistematica di eventi sismici sono nati i primi cataloghi dei terremoti, che, pur risentendo delle incertezze insite nelle fonti, hanno il pregio di costituire ancora oggi uno strumento insostituibile per descrivere la sismicità di un'area. Questo complesso di informazioni, a partire dalla fine degli anni sessanta, è stato via via memorizzato in forma numerica su supporti utilizzablii dai calcolatori elettronici.
Un ulteriore passo nella sintesi dei dati è stato guidato dal desiderio dei sismologi di disporre di una immagine complessiva sul territorio italiano degli effetti di tutti i terremoti già accaduti, immagine che potesse individuare sia le aree storicamente piu esposte, per intensità e frequenza, sia quelle non soggette a forti sollecitazioni sismiche. Vari tentativi, con diversi approcci, sono stati compiuti in passato tra i quali notevoli quello di Baratta del 1934 e di Peronaci del 1972, che pur con la scarsezza dei dati nei cataloghi allora a disposizione dettero le prime indicazioni delle principali zone a rischio italiane. Più recentemente, nel 1980, il Progetto Finalizzato Geodinamica (PFG) del CNR ha prodotto una serie di mappe nell'ambito della riclassificazione sismica dei comuni italiani.
Anche presso l'Istituto Nazionale di Geofisica (ING) è stato affrontato il problema della macrozonazione sismica.
Con tale espressione si intende la valutazione zona per zona di quantità numeriche che rendano conto complessivamente di tutta l'attività sismica, anche esterna all'area, i cui effetti siano risentiti su di essa.
Per questo sono stati elaborati i dati dei cataloghi sismici disponibili. Un primo tipo di catalogo è costituito da informazioni che sinteticamente indicano, per ogni terremoto registrato, la data e l'ora, le coordinate epicentrali, la profondità, la grandezza dell'evento (intensità e/o magnitudo) e la zona epicentrale. Un secondo tipo di catalogo è essenzialmente un atlante grafico che raccoglie le mappe macrosismiche e le informazioni sugli effetti distinte per località. Attualmente il catalogo dell'ING del primo tipo contiene oltre 40000 eventi sismici e copre l'arco di tempo dal 1450 a.C. ai giorni nostri. Le prime informazioni disponibili, per le quali sia stato possibile tracciare mappe macrosismiche, risalgono alla seconda metà del I secolo dopo Cristo. Gli eventi sismici dotati di mappe sono circa 700. Per ambedue i tipi di catalogo esistono in Italia diverse fonti tra cui le più correntemente utilizzate sono: il catalogo dell'ENEL(l000 d.C.-1975 d.C.); il catalogo (1000 d.C.-1980 d.C.) e l'atlante (990 d.C.-1980 d.C.) del Progetto Finalizzato Geodinamica del CNR; il catalogo (1450 a.C.-1992 d.C.), l'atlante (63 d.C.-1987 d.C.) ed il catalogo dei forti terremoti (461 a.C.-1980) dell'ING.
Per la macrozonazione del territorio italiano sono stati utilizzati i dati provenienti da tutte queste fonti, integrate con i cataloghi delle nazioni limitrofe, e le mappe delle isosisme esistenti in letteratura.
Come limite inferiore di intensita è stato scelto il VI
MCS, perchè corrispondente alla soglia minima per cui
si possono avere effetti sui manufatti.
L'analisi riguarda in questo caso oltre 4700 terremoti a partire dall'anno
1 d.C. (questa data è stata considerata perchè anche per
i primi secoli si hanno numerosi eventi ben documentati). Le mappe macrosismiche
utilizzate sono 655, relative a terremoti avvenuti tra il 1500 e il 1992.
Il grande terremoto del 1456 è stato aggiunto alla banca dati a
causa della sua importanza e dei numerosi studi di cui è stato oggetto.
Le mappe sono state digitalizzate per punti in modo da ottenere per ogni
isosisma 24 raggi di propagazione dell'intensità (ogni 150), calcolati
a partire dall'epicentro macrosismico o, in mancanza di questo, dal baricentro
dell'area di massimo danneggiamento. La banca dati è stata utilizzata
per definire su scala regionale alcune caratteristiche della propagazione
degli effetti in superficie. I terremoti sono stati suddivisi in gruppi
secondo la loro appartenenza ad aree con caratteristiche sismotettoniche
simili: queste aree (12, riportate nella Fig.
2)
sono state individuale tenendo conto della distribuzione spaziale della
sismicità, della posizione di strutture sismogenetiche note, della
sismicità associata agli apparati vulcanici e delle informazioni
ricavabili dal la osservazione della "Carta Tettonica d'Italia' (AA.VV.,
1981).
Legenda: 1=Sicilia;
2=Etna; 3=Arco Calabro; 4=Appennino meridionale; 5=Gargano; 6=Area vulcanica
tirrenica; 7=Appennino centrale; 8=Appennino settentrionale; 9=Pianura
Padana; 10=Alpi occidentali; 11=Alpi centrali; 12=Alpi orientali.
All'interno di ogni area gli eventi sismici sono stati ulteriormente
divisi in sottogruppi caratterizzati dalla stessa intensità epicentrale;
per le isosisme omologhe di ciascun sottogruppo, cioè isosisme relative
ad uno stesso grado e provenienti da eventi con la stessa intensità
epicentrale, è stato calcolato il raggio di propagazione medio e
la deviazione standard in ognuna delle 24 direzioni considerate. Il risultato
di questo procedimento è un modello medio di propagazione azimutale
per ciascun grado di intensità (I>VI MCS), funzione dell'area considerata,
dell'intensità epicentrale e dell'azimut. I modelli sono stati successivamente
applicati agli eventi sismici estratti dal catalogo e privi di isosisme,
mentre è stato mantenuto il campo macrosismico esistente per gli
eventi che lo avevano. Il territorio italiano è stato suddiviso
in celle rettangolari di dimensioni 2,5 per 2,5 Km. Per ognuna di esse
sono stati valutati i seguenti parametri macrosismici:
La Mappa della Massima Intensità
macrosismica risentita in Italia, è costruita utilizzando
unicamente i massimi valori risentiti alI'interno di ciascuna cella: tale
carta porta a considerazioni di tipo più conservativo circa il riconoscimento
delle aree maggiormente pericolose e fornisce un quadro immediato del grado
di sismicità che interessa il territorio italiano. Da questa mappa
si nota come tutto il territorio nazionale sia
interessato da effetti almeno di VI grado, tranne alcune zone delle Alpi
centrali e della Pianura Padana, un largo tratto della costa toscana e
gran parte della Sardegna.
Per quanto riguarda le aree maggiormente colpite, se ne distinguono
almeno sei in cui gli effetti hanno raggiunto il X
e XI grado di intensità: